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Che cos'è una cooperativa

CENNI ALLA ORGANIZZAZIONE STRUTTURALE DELLA SOCIETA'

L'organizzazione della cooperativa è ricalcata su quella dettata per le società per azioni, nonostante essa abbia alla base una natura opposta a quella delle società commerciali.
Il potere risulta separato, secondo le canoniche regole della democrazia (separazione dei poteri), in un organo assembleare che costituisce una sorta di parlamento della società; l’organo amministrativo, assimilabile ad un governo che governa con la fiducia del parlamento, e nel organo di controllo che vigila sulla regolarità della gestione sociale.

L’ASSEMBLEA DEI SOCI
L’assemblea dei soci costituisce il principale organo della cooperativa per il fatto che in essa sono presenti (o rappresentati) tutti i soci. L’assemblea in seduta ordinaria approva i bilanci, nomina gli amministratori, determina eventuali compensi per le cariche sociali; delibera sulle principali questioni che attengono alla gestione della società; mentre in seduta straordinaria (con la presenza del notaio) delibera sulle modificazioni dello statuto e sulla liquidazione della società. Ogni socio ha il diritto fondamentale di partecipare all’assemblea e di esprimere il proprio parere su ogni questione attraverso il proprio voto. Il voto di ciascuno dei soci ha lo stesso valore degli altri, indipendentemente dalle quote di capitale sociale versate, secondo il principio “una testa, un voto”.

L’ORGANO AMMINISTRATIVO
L'organo esecutivo ed amministrativo, può essere costituito da un Consiglio di Amministrazione con almeno tre membri o da un Amministratore Unico, che gestisce correntemente la società secondo il mandato ricevuto dalla assemblea e nel rispetto della legge, dello statuto e dei principi della mutualità. Esso è composto, normalmente. da più soci, ma nelle cooperative che adottano la disciplina s.r.l. è possibile costituirlo anche con una sola persona (amministratore unico). Fra gli amministratori un ruolo particolare spetta al Presidente (nominato, in genere, dagli stessi amministratori) perché egli ha la rappresentanza della società e la firma sociale (spetta a lui firmare contratti, documenti e atti in norme e per conto della cooperativa).

IL CONTROLLO CONTABILE O REVISORE CONTABILE
Il Collegio Sindacale o il Revisore Contabile, ove esistente, è l'organo che controlla la gestione della società e che vigila sulla osservanza della legge e dello statuto, affinché non vengano commesse irregolarità amministrative o contabili nell’esercizio dell’impresa. Esso è composto di tre membri effettivi (di cui uno con il compito di presidente) e due supplenti, scelti dalla assemblea anche fra non soci, che durano in carica tre anni e possono essere rieletti.

CHE COSA E' UNA SOCIETA' COOPERATIVA
Si ha una impresa cooperativa quando un gruppo di soggetti (utenti, lavoratori, consumatori ecc.) costituiscono e gestiscono in comune una impresa che si prefigge lo scopo di fornire, prevalentemente, ai soci quei beni e servizi per il conseguimento dei quali essi stessi soci si sono, volontariamente, riuniti, in società.

Essa si differenzia dalle altre imprese cosiddette capitalistiche per uno scopo ed un metodo particolare: agevolare i soci nelle loro economie individuali facendoli partecipare ad un vantaggio immediato (beni, servizi ed occasioni di lavoro) a condizioni più favorevoli rispetto a quelle correnti; quindi non procurare loro un dividendo sulla base del capitale versato come avviene nelle ordinarie "imprese di resa"; mediante un metodo che consiste nell'esercizio collettivo della impresa in cui vi è l'assunzione della qualità di imprenditori da parte di soci che intendono fruire - in quanto utenti, lavoratori consumatori - dei risultati della attività sociale dell'impresa stessa che si qualifica, pertanto, come "impresa di servizio". Tuttavia questo "idealtipo" puro di cooperativa è stato, per così dire, contaminato dalla possibilità, dischiusa dalla stessa disciplina legislativa del fenomeno, che la società renda il proprio vantaggio cooperativo anche a terzi non soci con il limite tuttavia che quanto sia frutto della attività con non soci non sia appropriabile da parte dei soci stessi ma vada a vantaggio della società, mentre ciò che è frutto della attività con i soci dovrebbe essere ripartito secondo il già richiamato principio del ristorno che costituisce il corrispettivo della attività mutualistica svolta dal socio, anche se tale principio non ha ancora trovato esauriente disciplina normativa.

In questi termini può riassumersi tutto il dibattito che si è andato sviluppando attorno al concetto di "scopo mutualistico", richiamato dall'art. 2511 c.c., quale elemento caratterizzante e distintivo della società cooperativa rispetto agli altri tipi di società e di "vantaggio mutualistico", consistente nel fornire beni, servizi od occasioni di lavoro "prevalentemente" ai soci a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato. Tale vantaggio può essere rappresentato, per esemplificare: dal creare lavoro che abbia caratteri di stabilità e di giusta remunerazione, dal provvedersi di beni ad un prezzo migliore rispetto a quello vigente sul mercato; dal ricevere servizi maggiormente qualificati, dall'assicurare una conveniente destinazione sul mercato alle produzioni che il socio conferisce alla propria cooperativa ecc.

Oggi, anche a fronte dell'emergere e diffondersi di fenomeni di cooperazione più accentuatamente impegnati in campo sociale, il dibattito attorno alle caratteristiche delle società cooperative ha interessato la distinzione fra mutualità interna (quella che impegna il rapporto fra soci e fra soci e società) e mutualità esterna che più si richiama alla funzione sociale ed economica svolta dalla cooperazione e che evidenzia il contesto più vasto, della comunità, entro alla quale possono estendersi i vantaggi cooperativi.

Dal concetto di mutualità a fini civilistici occorre tenere distinto il concetto di mutualità richiesta ai fini fiscali, richiesta cioè per far sì che la cooperativa possa godere delle agevolazioni fiscali e di altra natura (sostegni pubblici), che si presume sussistere se nello statuto sono previste le seguenti clausole e se esse vengono poi effettivamente rispettate nella gestione sociale:
- distribuire dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2 punti e 1/2 rispetto al capitale effettivamente versato;
- remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a 2 punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;
- distribuire le riserve fra i soci cooperatori.
- devoluzione del patrimonio residuo, in caso di scioglimento e dedotti solo il capitale sociale versato ed i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

IL SOCIO DELLA SOCIETA' COOPERATIVA
Successivamente alla costituzione possono entrare a far parte della società altri soci che abbiano i requisiti richiesti dalla legge e dallo statuto al fine di assicurare la necessaria omogeneità di interessi all'azione del sodalizio. Uniche eccezioni a tale principio sono, tuttora, la presenza oltre che di persone giuridiche anche di soci tecnici ed amministrativi, questi ultimi resi necessari dal tecnicizzarsi sempre più della attività delle cooperative ed i soci sovventori (o finanziatori).
Infatti con la legge 59/92, emanata anche a fronte del crescente fabbisogno di capitale delle imprese più consolidate, è stata introdotta la figura del socio sovventore. Il capitale si è reso sempre più necessario per lo sviluppo tecnologico o la ristrutturazione e potenziamento aziendale proprio in quelle strutture che più sono esposte ai rischi della concorrenza.
Inoltre nelle cooperative sociali (disciplinate dalla legge 381/1991) si incontrano solitamente soci volontari (che prestano la loro opera in modo spontaneo e gratuito non per fini di lucro, ma solidaristici); soci fruitori (che partecipando alla cooperativa soddisfano un loro bisogno tramite l'attività della cooperativa stessa) e soci prestatori (che prestano alla cooperativa la loro attività dietro compenso).

La legge stabilisce dei limiti minimi e massimi alla partecipazione del socio al capitale della cooperativa (limiti validi per le sole persone fisiche) a riprova che esse sono tuttora più assimilabili alle società di persone che non di capitali (cioè società in cui conta più l'impegno personale e professionale del socio che non il capitale che egli è in grado di conferire).
Il principale dovere del socio (che è allo stesso tempo anche il suo principale diritto) è quello di partecipare attivamente alla attività sociale affinché la cooperativa possa perseguire gli scopi per i quali è stata costituita. Si affianca a questo, il diritto per il socio, peculiare e caratterizzante la società, di cooperare alla sua gestione sia potendo essere eletto ad amministrarla, sia tramite la possibilità di visionare alcuni libri sociali; sia di essere informato circa l'andamento della attività sociale soprattutto mediante il bilancio annuale sottoposto anche alla sua approvazione; sia partecipando personalmente e in posizione assolutamente paritaria (un socio un voto) ai lavori assembleari.

Alcuni problemi, definiti di “Governance” (buon governo) sono emersi recentemente nella pratica, dipesi non solo dalle dimensioni aumentate dei sodalizi, in ragione del modificarsi delle caratteristiche dei mercati, ma anche dall’affermarsi, anche a livello comunitario, del principio della salvaguardia della “concorrenza fra imprese” e dalla sempre più spinta presenza di dirigenti – managers che formati a diversi modelli gestionali, tendono ad emarginare il ruolo dei soci cooperatori. Oltre alle esigenze di una maggiore patrimonializzazione cui si è fatto cenno, tali problemi hanno comportato un affievolimento del rapporto mutualistico coi soci, a mano a mano che, anche con la istituzione dei fondi per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, si è dato maggior rilievo alla mutualità esterna.
Esiste inoltre un marcato problema di “identità” della formula cooperativa che si è manifestato a mano a mano che le nostre società hanno progressivamente omologato la loro disciplina a quelle delle società commerciali, mentre si sarebbe dovuto realizzare, a nostro avviso, una maggiore attuazione dei principi internazionali della cooperazione.
Oggi sono state avanzate diverse proposte per risolvere tali problemi: formulare un bilancio sociale (in cui meglio potrebbero essere indicati i criteri eseguiti nella gestione sociale per il conseguimento degli scopi statutari, in conformità con il carattere cooperativo della società), accanto a quello più propriamente economico; istituire un consiglio di soci che sorvegli l’operato degli amministratori; concedere maggiori possibilità normative all’autonomia statutaria in ordine alla regolamentazione giuridica ritenuta più idonea, con esplicito riconoscimento del principio del ristorno; definire, anche col concorso delle Centrali del movimento cooperativo, codici per il buon governo della impresa ecc.
Del tutto peculiare è il problema dello status del socio della cooperativa di produzione e lavoro cioè, quello in cui il rapporto mutualistico ha ad oggetto “la prestazione di lavoro come tale”, La nuova legge impone alle cooperative di adottare un “regolamento” che disciplini questo rapporto “ulteriore” optando per i regimi noti (rapporto di lavoro subordinato, autonomo, prestazione coordinata e continuativa ecc.) e ciò in ragione della organizzazione aziendale e dei profili professionali dei soci.
 
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